Lo smart working sta prendendo piede in Italia, complice soprattutto l'attuale pandemia, con sempre più dipendenti che lavorano da casa; c'è ancora parecchio da fare, tra vecchi paradigmi da superare e nuove esigenze nel mondo del lavoro. Come si evolverà questo scenario?
In Italia si inizia a parlare di smart working seriamente e ancora molte persone lo confondono con il telelavoro, quest’ultimo prevedendo una sede stabile presso l’abitazione con orari fissi determinati. Lo smart working è in realtà un accordo flessibile fra le parti per il raggiungimento di obiettivi, non prevede sede fissa e non ha orari stabiliti. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali lo stabilisce chiaramente: “lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.”
Nonostante si possano valutare rischi e benefici di una così forte virata nel mondo del lavoro, il punto è che sempre più aziende tendono a mantenere il lavoro agile impostato due anni fa, soprattutto quelle di grandi dimensioni. È innegabile che l’evoluzione del modello del lavoro prosegua in funzione del raggiungimento di un equilibrio con la digitalizzazione che è messa in primo piano in tutto il mondo. In aggiunta il lavoro agile favorirebbe un risparmio di tonnellate di CO2 all’anno di grande impatto, dato dai minori spostamenti e questo è un altro dato a suo favore, viste le pressioni sempre crescenti che riguardano l’ambiente, che siano avvedute o meno.
Più che altro si evince come il modello attuale di lavoro agile sia da rivedere e impostare secondo standard di qualità. Finora è stato gestito un po’ forzosamente a causa della situazione che si è venuta a creare. Tuttavia la sua strada deve avere l’obiettivo della modernizzazione del Paese e dell’abbattimento della burocrazia, oltre a una connessione maggiore fra le parti, garantendo ai lavoratori condizioni stabili. Si calcola infatti che la percentuale di personale che è formalmente legato all’azienda, in questo periodo sia sceso del 5%. Manca inoltre un tassello essenziale, considerato anche come fondamentale nella visione della nuova azienda, e cioè il collegamento e la collaborazione tra colleghi.
Secondo un articolo pubblicato sul quotidiano La Verità del 8 novembre 2021, si assiste a un forte cambio di paradigma nel mondo del lavoro: un contratto su 5 si chiude per dimissioni dei dipendenti, la richiesta è maggiore flessibilità per dar spazio alla vita privata. Soprattutto nei giovani la scelta di avere più ampi spazi privati ha creato in alcune realtà produttive lacune di un certo peso. Non è dunque solo da parte delle aziende che viene chiesto il cambio del vecchio modus operandi, ma anche da una buona fetta di lavoratori che hanno già la mente aperta sul futuro e su uno stile di vita più vicino alle esigenze umane. Ne abbiamo già parlato in altri articoli.
Un buon equilibrio lo sta raggiungendo la maggior parte delle grandi aziende, adottando il modello di tre giorni in presenza e due a distanza, o viceversa. Molte sono le aziende che stanno trasformando il modello lavorativo anche se con fatica perché soprattutto nelle piccole e medie imprese c’è un ritorno al lavoro in presenza, creando così un divario tra le due realtà che rischia di provocare ritardi. Pare evidente che lo smart working sia un cambio culturale che l’Italia tarda ad attuare.
Forbes intervista Mauro Solimene, country leader di Salesforce Italia, azienda statunitense con più di 30 filiali nel mondo che si occupa di cloud computing, cioè fornisce tecnologie ideate per piccole e medie imprese atte ad avvicinarsi ai clienti.
Il commerce cloud fa parte di quella che viene chiamata quarta rivoluzione industriale e Salesforce è considerata tra le aziende più innovative in questo settore.
Solimene definisce chiaramente il futuro digitale: centri di lavoro digitali che in tempo reale e in qualsiasi luogo possono raggiungere nuovi orizzonti di successo grazie a un semplice device. Il lavoro non consisterà più in posti fisici allestiti dove passare ore del proprio tempo, ma una “smaterializzazione” di questi vecchi concetti. Inoltre sarà possibile per le aziende avere risorse arricchenti, poiché qualsiasi persona di qualsiasi formazione, cultura ed età che risiede in qualunque posto potrà essere coinvolta alle attività aziendali. Ciò consentirà di creare molti posti in più di lavoro, sebbene non locati fisicamente in un unico fabbricato, i cui benefici si estenderanno per tutta la catena a cascata.
Forse ci sentiamo un po’ pionieri, noi italiani, a intraprendere una rivoluzione così trasformativa nella nostra cultura, ben radicata. Tuttavia questa è la direzione che sta prendendo il mondo e soprattutto i giovani che si inseriscono in esso come forza lavorativa sapranno fare da ponte tra il vecchio, che l’Italia fatica a lasciare, e il nuovo che costruiranno.